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Saturday, 15 September 2007
2. Budapest II, Bimbo ut, 35 m2

Bimbò finora erano per me i bimbòkaposzta, alla lettera ‘germogli di cavolo' che tutti siam poeti, che sta per cavolini di Bruxelles, a volte a prezzo superscontato al supermercato, di cui sono ahimè diventato ghiotto.

Mabimbò alla lettera è germoglio e via del Germoglio, Bimbò ùt, è anche una delle vie note di Buda, una strada che che dal Margit körüt, dal Machwert park, si inerpica verso il paradiso delle colline di Buda, la zona verde e residenziale della città, (il Rozsadomb, la collina delle rose, il Vèrhalom, Pasareti), dove vivono i ricchi e i famosi, compreso il primo ministro..

Ho avuto un'occasione per un monovano qui e ora con la mia accompagnatrice (il mio contatto) sono a fare un paio di isolati per una salita ripidissima costeggiata da stupende ville ottocentesche, tanti alberi e un aria tersa e pura che a Pest è un ricordo di quando giravano gli omnibus. L'indirizzo è giusto ai piedi della salita, ai margini del paradiso.

 Buda è una città e Pest è un'altra città. Pest era la città dei commercianti, dei borghesi  degli operai, degli ungheresi. Buda la città dei ricchi e degli aristocratici e dei tedeschi. La padrona di casa che ci mostra l'appartamento è difatti un donnone tutto d'un pezzo, con la voce grossa, che ci indica con orgoglio i pesanti arredi in noce nero dell'androne del palazzo. Accanto alle cassette delle lettere c'è una maiolica di dubbio gusto, che ha conferito il titolo di palazzo di interesse nazionale allo stabile.

L'appartamento è al terzo piano; prendiamo l'ascensore, questo invece si un gioiello, due specchi eleganti  e i passeggeri seduti su una panca imbottita con drappo rosso, come nei film di Lubitsch. in tedesco ascensore è anche schellstuhl, cioè sedia veloce, tra  pochi ricordi dei miei corsi di tedesco.

 Il monovano è un bell'ambiente, con i finestroni che si affacciano sulla salita, e ci sono le colline in lontanza, non proprio lo spettacolare panorama promessomi con orgoglio quando me l'avevano descritta. La signora inizia a elencarmi i mobili che forse puo' farmi avere, forse anche una piccola scrivania, ma io ho lo sguardo mogio, oltre al vano e il bagno c'è giusto ‘una stanza per il te', ovvero una stanzina lunga 1 metro e larga mezzo metro o quasi, con un lavello piccino, dove giusto puoi prepararti un te, impossibile farti anche 2 spaghetti al burro. Imparo cosi' la parola ‘garzon', che per noi è piedaterre, garconierre, ma a me serve un posto dove vivere ed abitare.

Ringrazio e me ne vado, prendendo le scale. L'ascensore non lo possiamo prendere, va solo in  una direzione, all'insù, verso l'alto. i signori di Buda.


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
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Saturday, 8 September 2007
1. Dohany u., 45m2, 50.000 HUF
Dohàny utca, la via del Tabacco, ad angolo con Szovetsegi utca, la via della Federazione. Il mio amato 7° distretto.

Il mio contatto è Csaba, l’amico di un’amica di un’amica. Lui ha fatto un mutuo e se ne va ad abitare all’imbocco dell’autostrada, dice per darmi un indicazione. Ma in realtà in una città come Budapest, che a inizio secolo era ricca e con tutte le infrastrutture pronte, vuol dire non poi tanto lontano, giusto dopo il Varosliget, il parco municipale. in 40 minuti a piedi sei a Oktgon, di buon passo magari. Come quasi tutte le case della Budapest semicentrale è dei primi del secolo, coi soffitti alti più di 3 metri in cui ti senti un re, e bei finestroni da cui si vede uno degli scuri palazzi di Pest, con i decori ornamenti finesecolo.

Csaba parla un inglese gentile e docile ma mi fa trovare la casa a soqquadro, il mobilio è in parte tutto suo compreso lo specchio; per me solo tanto ciarpame sparso e orribile che pe di piu’ la proprietaria non vuole assolutamente venga buttato. Praticamente in casa è tutto a doppio, esempio la rete e il materasso sono suoi, mentre l’orribile divano-letto accanto (non sopra) il quale ha piazzato il materasso no. Mi mi aggiro a stento tra i mobili e i pezzi di computer vari con cui lavora sparsi per la casa..,

 Metà bagno è occupato da  un cubo enorme e bianco, che Csaba non ha mai usato. E’ un’asciugatrice.


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
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Wednesday, 5 September 2007
Cerco casa

"Cosa farai appena torni in Ungheria?" mi hanno chiesto spesso.. e credo si aspettassero una risposta romantica e standard, del tipo andro' in quel'appartamentino da quegli occhioni dolci o andro' a guardare il Danubio da quella panchina di Batthyany tér.. no cari amici, io sono un tipo pragmatico, e pensero' a cercarmi casa, chè entro un mese devo lasciare la mia (ex) casa egittologa e se non mi sbrigo posso pure ritrovarmi, come diceva il buon Giuseppe, sotto l'Arpad hìd, il ponte Arpad, che dormo abbracciato a una bottiglia a dire a un poliziotto che sta parlando con uno che ha conseguito titoli postuniversitari in Italia..

 

 Quando a 22 anni decisi di tagliarmi i capelli di netto, fu facile distinguere chi mi aveva in amicizia. Quelli che mi volevano un po' di bene mi chiesero se mi sentivo meglio cosi', gli altri dissero che era finalmente ora.. Qui gli amici sono quelli che mi hanno dato una mano con la ricerca di casa nova in terra straniera, hanno spinto i tasti del cellulare o hanno mandato una mail in giro, gli amici sono Klara, Szilvia, Csaba, Zsolt, Gabriella e Clemence, e altri (P.S. questi son tutti nomi veri).

 

Un paio di indirizzi pronti li avevo allora già dall'aereo e nella prima settimana mi illudo che abbia fortuna e non cerco tanto in giro. Mi illudevo. La ricerca invece dura a lungo e credo han ragione gli anglofoni che la chiaman "caccia alla casa".

Quando ho cacciato case in Italia ho visto tante cose incredibili. E anche ora a Budapest.

Quella che seguirà è la fedele cronaca di quei giorni..


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
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Wednesday, 22 August 2007
Michele Rossi

I vicini di casa delle mie zie, a Bari, erano Licia e Peppino. Avevano 60 - 70 anni e non avevano avuto figli. Licia aveva i capelli ricci ricci, pesava olre 100 chili e riempiva la casa di bamboline. Peppino era alto 1.60 scarso ed amava mettere un papillon rosso nelle occasioni importanti. Peppino era “l’amore suo”. La domenica Peppino a volte non ci veniva a sautare, perchè andava allo stadio, in curva sud al "delle Vittorie", il vecchio stadio di Bari, accanto alla fiera. Ci andava anche quando il Bari era in Serie B; era abbonato da più di 30 anni lu, anche quando il Bari era in Quarta Serie. Peppino è morto qualche anno fa, un infarto, si faceva prescrivere il Viagra anche se gli era pericoloso. Licia l’ha seguito poco dopo.

 E’ a Peppino che penso quando di ritorno da una sana corsa al Parco, mi chiedono se conosco un tale Michele, Michele Voros, che si fa vedere ogni tanto al nostro mercato... Ci penso un po’, sarà Vörös (vuol dire rosso in ungherese insieme all’altro aggetivo piros, una penna è piros, una camicia è piros, ma una persona ha i capelli voros, un vino è voros, le carni rosse son voros).. No, amici, Mihaly Vörös, Michele Rossi, nun me dice niente. Allora me lo dicono loro..

Tra 2/giorni riparto per l’Ungheria e non sapevo che nel mercato del mio quartiere si fa vedere spesso un simpatico vecchietto, Michele Voros, un ex giocatore del Bari anni 50, quando il calcio magiaro era primo in Europa. Di più, Michele Rossi è stato per 6 anni una gloriosa punta del Bari, che non ha abbandonato la squadra neanche nella stagione 52/53, quando dopo una caduta inarrestabile il Bari sprofondò in Quarta Serie.. E Peppino ero allo stadio ad applaudirlo.. E poi da signor Rossi resto' qua, che chi poteva dopo il 56 non tornava indietro..

A metá luglio avevo messo annunci in rete se per caso c'era qualche ungherese a Bari con cui praticare la lingua enon sapevo che ce ne avevo uno sottocasa con cui parlare di calcio.. a Natale so a chi dire Boldog Karacsonyt

 Da solobari.it:

 

Mihaly Vörös

       Stagione       Presenze  Gol

47/48   serie A           7         1

48/49   serie A           23       8

49/50   serie A          34       14

50/51   serie B          24       7

51/52   serie C          29      18

52/53 4a serie           25      6


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
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Wednesday, 15 August 2007
Dante: Bari, Ungheria

Io sono di Bari e il centro storico di Bari prende il nome di Barivecchia. Ma non è tutto qui. Barivecchia è una città nella città, il mare nell'aria, il vento nei vicoli, strade e pavimentazione, toponomastica, gente diversa, con mestieri e modi di fare diversi dagli altri baresi e che parlano pure un altra lingua, a Barivecchia il dialetto barese è più chiuso, più antico.

La domenica, lunedi’ e martedi’ a Bari arrivano le navi da crociera, e allora mi posso confondere con i turisti che se ne vanno in giro per i vicoli di Barivecchia e avere gli occhi curiosi e un libricino per scoprire questa città dentro la città in cui sono nato.

Alla fine dei miei giri mi siedo sulle panchine del lungomare, fuori la porta di San Nicola, a vedere i pescatori arricciare i polpi e a sfogliare meglio il libricino. Nelle pagine finali c’è un po’ di etimologia delle strade, e dei cognomi, il mio cognome è di origine longobarda, proprio cosi’, come il re Grimoaldo. Ma a Bari ci son cognomi greci, albanesi (Bux), bizantini e germanici, latini ed arabi.

Nell’introduzione invece c’è una citazione di Federico di Svevia: “barensis gens infida” e quindi attenti all’autore del blag quando vi propone un affare.

Subito dopo appare una citazione di Bari udite udite dalla Divina Commedia di Alighieri Dante. Paradiso VII canto (61-64). Tutto contento a casa apro i tomi della Divina Commedia finemente rilegata che la mia mamma compro’ quando ero bambino: Dante sta parlando con Carlo Martello, della dinastia degli angioini, e per delimitare il suo regno (non quello di Dante, ma quello di Carlo):

"e quel corno d'Ausonia che s'imborga
di Bari, di Gaeta e di Catona
da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
"

Per abitudine leggo anche la terzina successiva, ohibò dopo Bari compare l'Ungheria, proprio quella:

" e quel corno d'Ausonia che s'imborga
di Bari, di Gaeta e di Catona
da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
 
Fulgiemi già in fronte la corona
di quella terra che il Danubio riga
poi che le ripe tedesche abbandona.
"

le terre del Danubio dopo la Germania non possono essere altro che le terre dei magiari. E Dante le cita subito dopo Bari. Uh. Se non è destino questo..

P.S. Dante è Dante Alighieri: (Firenze1265 – Ravenna13 settembre 1321) ma Budapest c’è un Dante importante Arnaldo Dante Marianiacci, il direttore del nostro istituto di cultura italiano a Budapest


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Sunday, 21 October 2007 19:00 MEST
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Wednesday, 8 August 2007
Oltre il buongiorno abbiamo poco da dirci

Quando parlo di Bari agli ungheresi dico che è in Italia, nell'Italia meridionale, sul mare, di fronte a Dubrovnik. Poi dico che è di Bari Antonio Cassano, il bizzoso e geniale giocatore del Real Madrid, di cui il Real tenta in ogni modo di disfarsi vendendolo ai club di mezza Europa.

Qui a Bari il futuro di Antonio Cassano anima le discussioni tra amici appassionati di calcio, con una Peroni e un mare oscuro davanti. L'altra sera ci interrogavamo poi sul destino di Hugo Enynnaya, il velocissimo nigeriano, compagno di attacco di Cassano in quel fantastico Bari di qualche anno fa e autore di un gol da 40 metri a Toldo nel Bari-Inter 2:1 in cui Cassano passo' alla storia del calcio italiano.

Puntualmente mi arriva il link ad un articolo su Enynnaya, scovato, da un sito specializzato, nella serie B polacca. Il destino l'ha portato ad Opole a metà strada tra le meraviglie di Breslavia e Cracovia. La sua storia è bella e mi offre un piccolo spunto alle riflessioni linguistico-sociali su Budapest e i paesi centroeuropei, che mi offuscano in questo periodo.

 Nell'articolo Enynnaya visibilmente giu' di morale confida: "C'è la possibilità di andare a giocare in Svizzera. Ci spero, vediamo cosa succederà. Ho voglia di andarci, qui va un po' così, l'allenatore è polacco, lui parla e qualcuno mi spiega. I miei compagni parlano solo polacco, è difficile comunicare e fare amicizia. Quando arrivo al campo, oltre il buongiorno abbiamo poco da dirci"

 Ora Enynnaya potrà avere le sue mancanze personali e professionali e gli auguro ogni bene in qualche cantone confederato in cui si parla solo ladino stretto e dove negli uffici pubblici si portano fasce bianche rosse e nere al braccio, ma non è uno sprovveduto, è in Europa da 10 anni, ha vissuto in Belgio e 4 anni in Italia, e gioca in Polonia dal 2004; parlerà già 3 o 4 lingue oltre alla lingua madre e al dialetto barese, miglior modo di intendersi bene con metà dello spogliatoio di quel Bari, ha già fatto il callo alla mancanza della sua mamma Africa. Eppure in Slesia, in queste società centro europee così lontane e così vicine ha i suoi bei problemi, riesce a dire solo buongiorno; anzi a legger meglio: oltre il buongiorno abbiamo poco da dirci.

Torna a Bari Hugo, se ti va, qui ti vogliamo ancora bene.

  

P.S. Anche l'Ungheria è passata nella sua vita, aveva raggiunto un accordo col DVSC, la squadra di Debrecen seconda città dell'Ungheria, (che ha vinto gli ultimi due campionati e che oggi si gioca ad Elfsborg un difficile accesso all'ultimo turno dei preliminari di Champions). Ma gli han fatto, ti prendiamo ma nn sappiamo quando ti pagheremo.

 


Posted by alessandro grimaldi at 16:36 MEST
Updated: Wednesday, 22 August 2007 21:27 MEST
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Friday, 3 August 2007
La storia piu' bella

A Budapest la vetrina delle bontà è il Culinaris, un gruppo di negozi di gastronomia che vendono prelibatezze estere; italiane in particolare. Il Culinaris ha un negozio a Pest, a Hunyadi tér, nel cuore del VI distretto, proprio accanto ad uno degli storici mercati coperti della città. E' qui che una mia collega va a farsi un etto di prosciutto cotto o di bresaola, quando sente nostalgia dell'Italia. L'altro negozio è invece a Buda...

E' dal Culinaris di Buda, che prende spunto forse la storia più bella che ho sentito da quando son là, a Budapest, sentita giusto il giorno prima di partire.  Balint mi dice, infatti, di aver accompagnato un amico al Culinaris di Buda, e mentre l'amico faceva acquisti lui curiosava qua e là. E scopre che l'Aperol (allegro, aperto, aperitivo) costa un prezzo esorbitante, 24 euro!, contro i 6 euro, che lui paga a Bibione, dove va in vacanza.

Provo a dire che in fondo, per esempio il caviale in Russia costerà come un pacco di Fonzies, mente in Italia.... A queste parole si illumina. "Alessandro, hai tempo per una storia?" Alessandro ha tempo.

 La storia fa cosi': <<1987, Balint ha 18 anni, ha appena preso la maturità, ha voglia di cambiare il mondo e di viaggiare, come tutti i 18enni; lui in più ha i capelli biondi e gli occhi chiari esteuropei..  Gli gira in testa un'idea per un po'. Poi una mattina si sveglia presto, com'è d'abitudine tra gli ungheresi, e va a Keleti, davanti alla statua di Baross, dove arrivano i pullman di linea con l'URSS. Bussa, chiede di poter salire, per fortuna ha imparato il russo, chiede se qualcuno ha del caviale da vendere. Il giorno dopo è all'ambasciata d'Italia, lì a Stefania ùt e fa la fila per il visto. Si è portato una sedia, acqua e panini, in genere per il visto servono 20 ore. Poi prende la sua Zigulì (come le caramelle, la mitica utilitaria di fabbricazione sovietica, sul pianale della 500), e va in Italia in auto, e da Udine in poi ad ogni ristorante che incontra si ferma, bussa, chiede del proprietario e propone il suo caviale. in  lingua inglese. Udine, Padova, Treviso, Mestre, Ferrara, etc, etc. Dorme in macchina, ha la barba lunga e i capelli sporchi. 3 settimane di questa vita e non vende neanche un grammo di caviale. Poi a Bologna bussa al ristorante Rodrigo. E' la volta buona. Rodrigo arriva ed è un brav'uomo. Assaggia il caviale con un dito, approva, nessuno prima tra i ristoratori l'aveva mai assaggiato. Poi chiede il prezzo. Balint a questo non era preparato, non sa che dire, spara 4 volte quello che ha pagato sul pullman a Keleti. "E mi raccomando"  fa Rodrigo "non vendere mai il caviale cosi', chi altri te ne comprerà mai mezzo chilo, al massimo vasetti da 90g., torna da me solo tra qualche mese, il caviale lo usiamo solo per i matrimoni e i grandi ricevimenti e a Bologna lo metto solo io nei menu. Gira solo nei grandi ristoranti (Rodrigo è ancora il secondo ristorante più caro di Bologna) E mettiti un vestito decente, ragazzo.."

Inizia così la carriera di Balint. "Se fosse andata avanti finora.., ora sarei davvero ricco" mi ammicca Balint.  Il business procede bene, la mattina alle 6 è già a Keleti, o a Piazza degli Eroi, dove arrivano i bus turistici, o alla Garay tér. Conosce gli autisti, che si prendono una piccola mancia, ed ha ormai i suoi fornitori abituali. Ha un solo concorrente serio, un serbo che dopo 1 mese scompare, e c'è anche un ‘ungherese, ma Balint è più affidabile. Poi prende la macchina e gira l'Italia, il colpaccio lo fa a Milano, 9 volte il prezzo. Ha i suoi ristoranti di riferimento, 1 o 2 per città. A Vicenza una volta vede una grossa foto alla parete,  Maradona  che mangia compiaciuto ai tavoli di quel ristorante, ha in mano una tartina con del caviale, il suo.

 Poi un giorno lo chiamano da Bergamo e gli chiedono una grossa fornitura, vieni domani. Il tempo è poco, fatica a procurarsi il caviale, il sabato alle 8 bussa al ristorante della bassa bergamasca, Paolo, il proprietario non c'è, torna alle 10.  Balint, aspetta in auto, fuori ci sono -10°C. Paolo non torna, neanche la domenica, lunedi' chiusura. Basta. L'ultima chance è un posto che conosce a Venezia, lì si rifà appena delle spese e gli dicono  non tornare più, fatica sprecata, ora i russi arrivano direttamente qui. E' durata appena sei mesi..  "Ero giovane, stanchissimo, sei mesi massacranti, dormire in macchina, oggi mi sembra assurdo che mi ficcavo nella Zigulì con mezzo chilo di caviale e bussavo ai ristoranti.."  Ci pensa su "Qualche anno fa son tornato a mangiare con mia moglie da Rodrigo, l'ho subito riconosciuto.." "Ero giovane, avevo 18 anni, vivevo in un casermone in periferia. Eravamo poveri">>

 E' anche questo che rende speciale Balint, quest' "eravamo poveri" mentre tutti oggi mi dicono: "siamo poveri".


Posted by alessandro grimaldi at 17:02 MEST
Updated: Thursday, 9 August 2007 15:25 MEST
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Sunday, 29 July 2007
Nuovo tipo umano

 

Sbrigando le busta della spesa, trovo che la carta di giornale in cui sono avvolte le verdure vengon dalle pagine culturali di Repubblica del 22 Ottobre 2006. Evidentemente i commercianti delmio mercato di fiducia, a bari,hanno un elevato livello di istruzione ed un sincero amore per i dibattiti culturali, conservano a lungo gli articoli che ritengono più interessanti e infine li rimettono nuovamente in circolazione, chè altri li leggano, dato che sono anche appassionati dell’etica del book-crossing.

Ma il 22 Ottobre 2006 era un giorno speciale per chi vive in Ungheria, era la vigilia del 50enario della rivolta d’Ungheria, del '56, e "Repubblica" ospita nelle pagine culturali un’intervista di Paolo Rumiz a tale Jozsef Barna (Giuseppe Bruno), uno che ha vissuto il 56 a curar feriti negli ospedali di Budapest, e poi fu tra le migliaia di ungheresi che al ritorno dei sovietici scapparono avventurosamente oltre il confine austriaco.

La riflessione sulla società che Giuseppe Bruno ha lasciato e ritrovato 50 anni dopo, lascia interdetto l’autore del blog per l’assoluta sintonia con i più recenti post ed il suo umore recente, ed è:

"Quelli che rimasero erano diventati un nuovo tipo umano:grigio, spaventato, obbediente, acritico, eterodiretto, incapace di azione autonoma, insuperabile solo nel mascherare le emozioni e parlare in modo obliquo" (intervista a Jozsef Barna, Repubblica 22.10.06)


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Friday, 3 August 2007 15:48 MEST
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Wednesday, 25 July 2007
Le parole giuste

Sono a Bari per le vacanze, ma il blog continua, perchè ho ancora tante cose da raccontare non dette, pensieri che mi passan la mente. Qui parlo con la gente, di Ungheria, e dico le cose belle e le cose brutte.  Cerco di farmi capire qui con gli amici pugliesi e non è facile. Ma da ora per le cose brutte ho trovato le parole giuste, in una raccolta di editoriali sul Central Europe review. Il primo articolo della raccolta è l'ultimo in ordine di tempo. Parole che condivido e riporto qui sotto e credo che ci tornerò sopra piano piano in questi giorni, soffermandomi parola per parola e portando i tanti esempi della mia pluriennale esperienza centroeuropea.

Per descrivere la società in breve di solito citavo un episodio dei Simpson: il nonno ha ereditato per la morte di Bea molti soldi, ha deciso di spenderli per il bene della comunità e c'è una lunga fila di gente che gli propone come spenderli. Il signor Burns gli consiglia di spenderli nella locale centrale nucleare, Lisa vuole un pony, lo psicanalista pazzoide vuole, invece, cosruire una cella in metallo da porre sul fondo del mare in cui rinchiudere un neonato. Il cibo gli verrà portato attraverso un condotto e deboli scariche elettriche passeranno per il pavimento a intervalli regolari. Il neonato verrà fatto risalire al compimento del 18esimo anno. "E a che servirà questo esperimento?" chiede nonno Simpson. "Vogliamo dimostrare che il soggetto avrà una personalità disturbata, con problemi relazionali e un grosso risentimento verso la vita."

Le parole giuste invece sono:"E io credo nella malevolenza e impurità di gruppi di individui che hanno vissuto e sono stati soggetti a prolungata corruzione e influenze patologiche. I processi storici esigono un prezzo esorbitante. Ideologie, indottrinamento, totalitarismo, autoritarismo, economia centralizzata, statismo, militarismo, nazionalismo maligno, occupazione – tutto ha il suo prezzo. E la moneta è la mentalità della gente, la loro salute mentale, i processi di socializzazione e, infine, la fabbrica sociale. Sotto una sottile patina di cultura – le masse sono state inselvatichite, l’individuo frantumato in polpa morale.

Io credo nelle patologie di massa: isteria di massa, scompensi della personalità di massa, psicosi di massa. Io credo nella comune depravazione, nella venalità onnipervasiva, nell’inspiegabile male della società e degli individui che la compongono. Io credo nell’osmosi del male, nella diffusione della cattiveria, nella corruzione dell’anima. In breve: io credo in società malati terminali, le cui prospettive di recupero sono nulle. L’unica speranza è la morte, non nel senso astratto della parola, ma nella reale morte e decomposizione di tutti quegli individui che formano l’intera “generazione del deserto” e l’emersione di una nuova generazione, meno contaminata."

                                               (Sam Vaknin, "Central Europe Review" volume 2, issue 4)

 

 


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Sunday, 29 July 2007 21:49 MEST
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Thursday, 5 July 2007
http://budapest.cafebabel.com/it

Cari affezionati lettori del blog,

è mio piacere annuciarvi la nascita di un altro blog gemello, sempre tenuto dal vostro affezionatissimo autore e sempre su Budapest,,  all'indirizzo http://budapest.cafebabel.com/it/

E' nato un mesetto fa, ma lo annuncio solo ora. Come tutti i progetti nascenti, la linea editoriale è ancora in via di assestamento. A regime dovrebbe diventare un blog più giornalistico, in cui commento il fatto politico o sociale della settimana, con gli occhi di un "Europeo" come mi dicono qua.

Il Vittula, i miei sigari, le mie citazioni, le cose che mi fanno pensare, resteranno solo per voi,

con affetto, 

A. 


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Wednesday, 11 July 2007 17:47 MEST
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Saturday, 30 June 2007
E' solo rock and roll

Alle 6.30 mi squilla il cellulare. "Cosa fai? Sono a passeggio sull'Andrassy, ma proprio in mezzo all'Andrassy, a cavallo delle 4 corsie." Rido. E' quasi un'abitudine, è già successo quest'anno alla Budapest Parade, ai funerali di Puskas, al cinquantenario dei fatti d'Ungheria. L'ultimo sabato di Giugno invece  a Budapest si puo' camminare sull'Andrassy perchè c'è il grande concerto della Magyar Telecom. Prosaico? bè il concerto è in piazza delle sfilate, la Felvonulas tér, sfilate dei bei tempi dei bambini col fazzoletto rosso al collo e la piazza delle salve di fucili al cielo per le ricorrenze ufficiali.

 Ieri invece c'era Brian Adams, il Pupo a stelle e striscie. certo un Pupo senza il vizio del gioco, ma anche lui ha un bell'accento (yankee) e fa il ventenne nonostante i suoi bei 47 anni. Eppure ho imparato a rispettare di chi imbraccia una chitarra ritmica e si mette a fare del rock classico e mi diverto assai. Come l'altra settimana che ero ad un matrimonio, e a fine serata, con la sala ormai vuota e le suocere che impacchettano tutto, un nuovo gruppo sale per suonare, il cantante prende una chitarra classica e fa degli swing di chitarra classica: Faith degli Wham, e sono il primo a rientrare in ballo.

Al concerto tra centinaia di migliai di persone ci incontro un amico che non vedevo da Marzo. "Sei molto più pensieroso dall'ultima volta, sai Alessandro..Ho capito tutto" fa, "è il governo!". Provo a fargli intendere che ho ben altro per la testa ma nn lo fermo e mi sommerge di critiche a quella cricca di miliardari che ha occupato le stanze del potere per giocare a monopoly e buttato la chiave. "Sai l'altra volta in un cinema ho incontrato un'americana in un cinema, quando le ho detto come stanno le cose davvero è sbiancata e..." Annuisco. Povera figlia.. Non è che all'opposizione ci sia il nuovo De Gasperi, vorrei replicare, ma sono ospite in Ungheria e questi discorsi me li sento fare spesso, specie tra i pocopiùchetrentenni.

E ieri ho capito qualcosa in più. Mi racconta di quando aveva 18 anni e fece lo scrutatore alle prime elezioni libere, nel 90. Capisco nei miei foschi pensieri le speranze che poteva avere allora un giovane e la disillusione per la politica di oggi, in cui chi ha più soldi vince le elezioni, e in cui l'esecutivo ha un potere enorme, e la forma "parlamentare" è solo sulla carta, e come possa sentirsi adesso...

Al matrimonio mentre si parlava di donne un altro mi aveva fatto: "Ma c'è qualcosa più importante delle donne" Non si riferisce al loro organo sessuale, come credevo di primoacchito, no,  lui pensava alla forradalom (alla rivoluzione).. 


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Thursday, 5 July 2007 15:14 MEST
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Wednesday, 20 June 2007
Sonate per un mondo migliore

    L’altro sabato amici mi danno appuntamento al Godor, per una birretta, “c’è il Globfest, lo sai no?” “Certo” rispondo, ma non lo sapevo mica...

Arrivo un po’ tardi, il Godor è sempre un bel posto, a fatica mi stacco dal complessino jazz di giovanisismi accampati sui prati con un po’ di lattine di birra, sempre sotto lo stesso albero, come ogni weekend, e cerco gli altri.

Il Globfest, al contrario del nome è il festival noglobal, e sembra come tutti i festival noglobal del mondo, qualche capellone, qualche bongo, banchetti per il commercio equo e solidale, libri su come dovrebbe essere un mondo migliore, bevande tipiche della foresta amazzonica per accompagnare tartine alla carota biologica.

Cerco i miei amici all’interno, dove, prima dei concerti etnici, si stanno tenendo 3 dibattiti (che qui si chiaman tutti tavole rotonde, come i cavalieri, anche la “Costituente” ungherese del dopo 89, richiamava cosi). I dibattiti sono in inglese e ci saranno al massimo cento persone tra tutti e tre, fuori è una cosi bella giornata.. Salto a piè pari il primo tavolo; nel secondo si parla di OGM, il dibattito è acceso, c’è un tipo simpatico coi baffi bianchi che si infervora. Nell’ultimo c’è una sedia libera vicino a una tipa interessante. Un uomo magro parla di cambiamenti climatici e della fortuna che abbiamo avuto che siano coincisi proprio con la scarsità di risorse fossili. Non sono d’accordo e per un po’ accarezzo l’idea di alzare la manina per replicare, ma educatamente mi trattengo.

Poi raggiungo gli altri al primo tavolo, c’è Chico Whitaker, mi dicono. Chico Whitaker è il bel nome di un utrasessantenne, come vorremmo tutti essere, una bella barba bianca, occhi azzurri, sguardo acuto, dolce e felice si direbbe. E’ una dei pilastri del World Social Forum, braccio destro e amicone di Lula, come recita la breve nota biografica sul depliant del Globfest. Inoltre, il tipo magro di prima era Wolfgang Sachs, sociologo tedesco, uno dei massimi esperti mondiali di sviluppo sostenibile (la prossima volta sarò più attento, lo giuro) e il signore coi baffi era giusto Jose Bovè, francese, forse ilpiu’ famoso politico europeo radicale antiglobalizzazione e antiOGM, che mi sorpassa sulle strisce pedonali di Bajcsi-Zsilinski mentre me ne vado; look tipicamente magiaro grazie ai baffi, se non fosse per la pipa tra le labbra..

Insomma al globfest di Budapest tra bongo e tartine biologiche ci sono i massimi esperti mondiali che lottano per un mondo migliore. Questa è Budapest.

Ma Budapest è anche quella della ventina di persone che assistono al dibattito. Una ragazza timida che chiede come si fa a fare un’associazione davvero partecipativa. Poi un tipo sporco con gli occhialoni anni 70, una specie di Gene Hackman esteuropeo, dice di aver studiato a lungo il problema e di aver mandato un plico con la soluzione di tutti i problemi dell’Ungheria e dell’economia mondiale al primo ministro,ne da’ gentilmente una copia a Chico e si siede in prima fila..

Poi si parla di Chavez (Chico non è che lo ami tanto, risulta) ma io son colpito da un tipo in fondo: riga a lato, camicia e cravatta verde Regimental. Lo conosco. E'vestito come ieri, l'ho visto ieri, mentre uscivo dalla metro del Ferenc korut. Dalle scale mobili sentivo un violino, un pezzo difficile, stridulo, contemporaneo. E quest'uomo con la riga a lato e la cravatta che lo suonava con accanimento, per pochi fiorini, con la custodia davanti a un capannello di gente.

E io tra loro.


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Friday, 29 June 2007 00:46 MEST
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Sunday, 17 June 2007
Sing a song

“Quattro giorni in casa. Mi rafforza. Quando esco la prima persona che incrocio mi diminuisce del 50%.” (Charles Bukowski)

  

Giorni fa uno in un pub mi fa “Sei italiano?, allora canta una canzone, Dai canta”. con cattiveria.

E’ in questi momenti che mi sento straniero, e so che l’uomo è cattivo anche in Ungheria. Del resto non sono mica come leggevo, credo da Roth: “Era giovane, credeva che tutti dovessero essere buoni con lui”

Il blog parla sempre più di buoni libri e di Vittula, la mia Budapest ora è questa. Al Vittula io sono quello che legge un libro e fuma un sigaro. “Alessandro, posso mettere la scatola vuota di Garibaldi (i più economici sigari toscani) qui sulla mensola tra le bottiglie  dietro il banco? Per il Vittula. ”mi hanno fatto giorni fa. “Zsolt, è un onore” rispondo.

L’altra volta al Vittula, in un libro già citato nelle pagine precedenti, ho colto forse il più grande contributo dell’Ungheria alla letteratura del 900 e prontamente ve ne faccio partecipi.

 Era sabato, il venerdi’ sera avevo dato troppo e allora al sabato qualcosa di tranquillo, vado lì per una birra, saranno le 20.30. Sorpresa sorpresa il Vittula è quasi vuoto. Il Vittula è cosi’ E’ estate e van di moda i posti all’aperto e poi gli affezionati lo popolano durante la settimana, come casa propria, magari tutti i giorni, ma il sabato è un giorno diverso. I fighetti e gli studentelli da finesettimana da Sballo, non se la fanno qui, magari vengon dopo le 4, quando tutto l’altro tace. Alle 21.30 viene un ragazzo a prendere un caffè, poi va in bagno, anzi no, si informa e poi si sciacqua le mani e beve dal rubinetto dietro al bancone.

C’è da premettere che uno dei nomi facili da ricordare a Budapest è Semmelweis, medico, dell’800, nato a Buda (al Taban), studi a Pest, diventa dottore, uno dei grandi della storia della medicina. A lui è dedicata la Facoltà di Medicina di Budapest. La biblioteca della suddetta facoltà ha una fama particolare, lì era direttore fino all’89 Antall Jozsef, primo ministro ungherese delle libere elezioni post comunismo.

Dunque, io Stavo leggendo qualcosa su Celine, Louis Ferdinand Celine, uno dei geni letterari del secolo passato, volontario nella prima guerra mondiale, disertore, medico, avviato ad una fulgida carriera universitaria e fidanzato con la figlia del rettore, all’improvviso lascia tutto, va in Africa, torna a Parigi a vivere di poco e visitare gratis i poveri della periferia, grande scrittore, la sua grandezza è nell’aver capito a fondo il genere umano da restarne disgustato e odiarlo, si colluse col nazismo (nessuno è santo).

Leggo dunque che Celine fece la tesi di dottorato su Semmelweis. Semmelweis scopri’ che le numerose morti post parto del tempo, potevano essere drasticamente ridotte giusto se i dottori si lavavano meglio le mani. Un po’ più a fondo dopo le autopsie. I morti calarono per l’appunto. Grande fama. Poi i colleghi invidiosi e cattivi fecero combutta, lo calunniarono e perse il posto e la reputazione..* Il mondo è cattivo. E gli uomini sono bestie capi’ Celine, grazie a un medico ungherese.

 

* solo anni dopo arrivo’ Pasteur a parlare di germi. Il Topexan ancora non esisteva.


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Updated: Sunday, 24 June 2007 19:55 MEST
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Thursday, 7 June 2007
Brothers

Avrò avuto ventun’anni. Mi chiese A., mentre eravamo in macchina, dalle parti di Quintino Sella, “se dovessi abbinare una cosa da bere ad un genere musicale, per una serata ideale che diresti?”. Ma Guinness senz’altro,d isse il cucciolo che era in me, “e la musica?, ma dillo senza pensarci.” Beh, allora Guinness e del rockabilly, rispose sempre il cucciolo che era in me.. E allora quando avevo letto su pestiside.hu di un imperdibile festival delle band rockabilly di Budapest al Godor klub, (uno dei posti dove la vita a Budapest diventa vita culturale e vita notturna insieme) e mi ero morso le mani che non ci ero stato, mannaggia.

Ieri invece mi han proposto in tempo di andare sempre al Gödör per il festival zingaro e accetto volentieri.

Divertente, tanti canti, balli, musica zigana, tutti a ballare nella grande sala interna o sulla pista accanto al bar al suono delle più famose band zigane. Dentro anche mostre di quadri e fotografie. Fuori in quella specie di auditorium postmoderno creato come ingresso del Gödör, sotto Erzsebet tér, piazza Sissi, ancora danze e teatro, tavolini, posti in prima fila per famiglie cigane. Dall’1.00 disco. E tanta altra gente fuori, sulle panchine e attorno al laghetto artificiale della piazza, con i palazzi liberty del kiskorut e dell’Andrassy in lontananza dietro gli alberi, tipo Central Park a Nuova York. Tutti ballano e si divertono e sorridono in questa calda serata budapestina direbbero le cronache.

E la New York di oggi, di inizio secolo, o qualche decennio fa non saprei, ma doveva essere proprio cosi’ con i bianchi del luogo che affollano i posti dove suonano questi dalle pelle più colorata, e dove la birra costa cara, per sentirli suonare che sono proprio bravi a suonare e ballare e hanno la musica nel sangue.

E con i bianchi del luogo che guardano questa gente, venuta per qualche motivo nella terra dei bianchi e pensano siano cosi’ strani, e parlano la nostra stessa lingua, ma con un accento strano, e qualche battuta poco piacevole se non razzista puo' anche scappare.

 Magari si chiamano anche fratelli fra loro, anzi no.., quelli eravamo noi bianchi (“fratelli” usato spesso, insieme ad “amici” e “compagni”, quando tutti erano fratelli sotto il comunismo).


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Updated: Monday, 11 June 2007 12:14 MEST
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Sunday, 27 May 2007
Bloody moon

Da expat italiano all'estero e la prima domanda che mi facevan  due anni fa era: Quando torni in Italia?" Ora invece mi chiedono: "Quanto resti?"

La seconda domanda è invece invariabilmente "Come va con l'ungherese?".

intendendo la lingua, l'ungherese, tra le più difficili al mondo, uno dei capisaldi dell'Ungheria e del suo rapporto con l'estero e, dunque, di questo blog. Di solito ora rispondo che aiuto qualcuno con l'italiano, anche quelli alle prime armi, e non voglio dimostrare di esser da meno, con l'ungherese. Per cui se spiegando il passato devo dire che il verbo dissuadere è irregolare (dissuaso e non dissuaduto) devo almeno saper dire dissuadere in ungherese. Lebeszelni.

Purtroppo dissuadere qualcuno nella vita, per di più in ungherese, è molto difficile.  E purtroppo non basta saper dissuadere. Prendiamo il Vittula, il mio pub preferito, dove ora che è arrivato il caldo han messo sabbia bagnata a terra, secchielli, palette, salvagenti e braccioli ed è fantastico andare in un pub sotto il livello stradale, prendersi una birra e uscirsene con le scarpe piene di sabbia.  Se ne volessi parlare, come si dirà mai sabbia, secchiello e paletta,BRACCIOLI, in quesa lingua centroeuropea??

Oggi è pentecoste, qui molto importante perchè si fa festa domenica i lunedì, rossi sul calendario, ed è uno spettacolare ponte di fine maggio.  A pentecoste scese lo spirito santo e permettetemi (permettere, irregolare, = megengedelni) di invocare lo Spirito Santo anche per me, perchè come ho appreso oggi:"4Ed essi furon tutti pieni dello Spirito Santo e cominciaronoa parlare inaltre lingue come loSpirito Santo dava loro il potere di esprimersi. 6Veduto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perchè ciascuno li sentiva parlare la propria lingua."(Atti degli Apostoli 2,1-11)

Vorrei davvero sbigottirli, ma il compito dello Spirito Santo deve essere davvero arduo, in ungheria come altrove, dato che lo spirito scese (irregolare, lemenni) "3all'improvviso dal cielo un rombo, come un vento che si abbatte gagliardo ed apparvero loro come lingue di fuoco.."  e qualche secolo prima dal Libro del profeta Gioele 3,1.4: Cosi'dice il Signore: 1io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo.4Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del signore, grande e terribile." (quanto mi piace come scrive..)ed ora capisco perchè il libro più tradotto al mondo è la Bibbia.


Posted by alessandro grimaldi at 23:48 MEST
Updated: Monday, 28 May 2007 13:57 MEST
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Saturday, 12 May 2007
Passionately proud

<<La storia dei francesi è come un dramma dove ci sono più spettatori che attori. Gli ungheresi invece credono che il palcoscenico sia deserto e discutono di antiche recite coronate di gloria nella hall del teatro. Per questo il popolo ungherese sembra il più presuntuoso da vicino. Da lontano non si vede>> (P. Esterhazi: "Harmonia Coelis") 

 

 E' una bella giornata e mi ritrovo a leggere un buon libro all'isola Margherita sulle panchine proprio sotto il ponte. Da qui se alzo lo sguardo sembra di essere nella locandina di "Manhattan" di Woody Allen. Qui ci sono anche i colori e Buda oltre il ponte.

 Il buon libro è "Down and out in Paris and London" di George Orwell, sulle sue esperienze da expat. a Parigi (sono a metà libro ed a Londra ci deve ancora arrivare). e io qui sono un expat. e tale mi definisco. Orwell non dice cosa lo ha spinto a Parigi, campa di lezioni private  e degli articoli che riusciva a piazzare ogni tanto.* Arriva anche a digiunare. Infine fa comunella con un cameriere russo e diventa lavapiatti.

Io del digiuno non posso parlarvi, oh lettori, e non me ne dispiaccio, ma potrei descrivervi il valore nutritivo dei legumi al confronto della carne e il tempo di cottura dela pasta "Domani" (della Repubblica Ceca) e degli  spaghetti "Sole d'oro" (di Pordenone) in vendita nei migliori negozi a 85 fiorini rispetto alla Barilla (250 fiorini) o al suo sostituto naturale pasta Colavita (170 fiorini).

Un giorno vi parlero' poi a lungo delle mie riflessioni su questi libri di di expat. che leggo e apprezzo, giuro che lo farò, come dice una famosa canzone. Per adesso mi limito a dire che la cosa che più mi sorprende è come i locali, gli indigeni, non ci son mai, se non sul luogo di lavoro. I locali sono solo sullo sfondo, come i palazzi e le piazze famose dove i personaggi si muovono. Non ci sono francesi in "Tropico del cancro" (H. Miller), nè americani  in "Ombre in paradiso" (E.M. Remarque), ma altri expat. Perchè son loro i tuoi fratelli. 

Ci sono solo expat anche in Orwell e Orwell li racconta, loro, questa pazza umanità  che popola anche il mio blog e ne ha per tutti: russi pazzi e passionali, che dicono barzellette cattive sugli ebrei; serbi che lavorono duro mezza giornata, poi si fan cacciare, perchè tanto dopo le 12 se sei licenziato ti devono rendere l'intera paga di un giorno e lavori di meno; e ci sono anche italiani e ungheresi, anzi Magyar, come li chiama Orwell.

Gli italiani gestiscono la caffetteria dove lavora, lo insultano tutto il tempo durante il lavoro, poi appena usciti sono amiconi.

Ma veniamo ai magiari. Se il primo Magyar suo collega è liquidato in una sola frase cattiva, che scriverò qui in caratteri piccolissimi e al contrario (decneirepxenu saw I dna, diputs yrev saw raygaM ehT), è quando arrivo alla descrizione del secondo Magyar, che sorrido, e mi allontano soddisfatto, pensando che in fondo anche il grande George Orwell ha condiviso con me un pensiero su questo popolo...  Dunque il secondo Magyar, ha gli occhiali, è un ex studente di medicina, che ha lasciato gli studi perchè non riusciva a pagarsi più il tirocinio. Parla molto, non ha voglia di lavorare e litiga con i clienti. "and he was also, like most Magyars, passionately proud. Proud and lazy men do not make good waiters"  

 

*mi ricorda qualcuno che conosco bene 

 


Posted by alessandro grimaldi at 21:39 MEST
Updated: Saturday, 12 May 2007 21:58 MEST
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Monday, 7 May 2007
FA la cosa giusta

Per le civiltà degli indiani (d’America) la filosofia di vita consisteva nel sedersi accanto a un albero e osservare il cielo.(Radio 2, alle ‘8 della sera, puntata dell’Agosto 2006, forse)

 

Ho imparato i nomi degli alberi (albero=fa) in ungherese con le strade del mio amato VII distretto. Akacfa è l’albero dell’acacia. Ad Akacfa utca c’è la sede centrale della BKV, l’ATAC di Budapest e se ti becchi una multa vai in via dell’acacia a pagarla.

 Due o tre parallele più in giù ci sono la via del Grande Noce e la via del Piccolo Noce, Nagydiofa e Kisdiofa, dove un tempo c’era il  Terzo cerchio (quello dei golosi), noto ristorante di cucina toscana a Budapest, dove ancora trovi angoli intatti della Pest che scompare pian piano.

Ho conosciuto anche un francese che gestisce un pub, sempre nel VII distretto, evidentemente un tempo molto alberato, ad Harsfa utca. Ma sul mio vocabolarietto harsfa non c‘era. E allora ho dovuto prendere i grossi tomi verdi dello Zingarelli magiaro ed ora so come si dice tiglio in ungherese.

C’è poi che a casa di amici mi capita stasera di afferrare una bottiglia di liquore, di palinka (grappa) e di leggere eperfa. Ora eper vuol dire fragola, ma che esiste un albero delle fragole? A gesti capisco che è il gelso. [un albero molto grande che fa le more, possono essere bianche o nere le more. Non sono proprio more, ma piu’ dolci.] E questo spiega ancora un po’ di più Budapest, o lettori. Perché il gelso è uno dei simboli del medioriente, compare nelle poesie arabe ed iraniane, ma qualcuno l’ha portato pure fino a Budapest un giorno. E qui ha attecchito.

E con la mente vado alla gran mangiata di gelsi, l’anno scorso, colti direttamente dai grandi rami stracarichi dei gelsi del nuovo cimitero ebraico di Budapest, mentre una ragazza italiana mi guardava mangiarli scandalizzata. Il cimitero è quello nuovo, non quello (più famoso) della Grande Sinagoga, del VII distretto. E’che all’inizio del novecento quando tutta la città si espandeva, anche il cimitero ebraico nn ce la faceva più e si ottenne l’autorizzazione ad aprirne uno giusto dopo il nuovo grande cimitero comunale di Kobanya.

Ma mi accorgo che la palinka è ‘solo invecchiata’ in botti di legno di gelso e mi consigliano allora un altro liquore di colore rosso intenso, fatto con le ciganymeggye. Ora tradotto alla lettera meggye son le amarene e cigany gli zingari, ma le amarene zingare che diavolaccio sono? Mi dicono sono frutti come le amarene, ma più piccoli, neri e selvatici (vad).

 Ovvero Piccoli, Neri e Selvatici* come gli zingari, i Rom, scuri di pelle, bassi e tracagnotti, estroversi e caciaroni, da 500 anni tra i magiari eppure sempre ai margini della società.Gli zingari, i paria, i reietti della società ungherese. Come le comunità di immigrati nel capolavoro di Spike Lee, (nonché mio film preferito): FA la cosa giusta”



Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Saturday, 12 May 2007 22:06 MEST
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Wednesday, 2 May 2007
Ci sono un italiano, un georgiano, un indiano e un neozelandese

Son tornato a Budapest, dalle mie vacanze pasquali un mercoledì mattina, dò  uno sguardo al chiosco dei giornali di Népliget e leggo che il giorno prima Manchester - Roma, ritorno dei quarti di Coppa dei Campioni, è finita 7 -1, uristem che disdetta.

Allora alle semifinali mi tocca tifare Milan, perchè il calcio italiano, dopotutto, da qui, deve essere difeso. E decido che mi vedrò le partite al Beckett's, almeno ci sarà del sugo a vedersi e partite con i British, e poi chissà, è un pub irlandese, chissà per chi stanno....

Difatti per Chelsea Lverpool, i più sono per il Liverpool. orgoglio celtico. E per Milan - Manchester, mentre a San Siro piove che Dio la manda, davanti a me ci sta uno dai capelli scuri e una improbabile camicia rossa sotto un maglione blu che tifa Milan, agitando le braccia. Sarà italiano, penso, ma quando al cambio di campo mi avvicino, il fiu mi dice"Nem" dunque non è italiano. "E sei ungherese?" replico allora. "No, georgiano". Uh.  E mi presenta Misha, il suo amico anche lui georgiano e dai capelli neri come il carbone e un po' mossi, che lo farei di Altamura, se fossimo in Italia. 

Budapest è cosmopolita; mi capita di vedere la partita con 2 georgiani, che studiano qui scienze politiche, con negli occhi  la stessa luce di noi italiani del sud. In più dividiamo il tavolino con una coppia di cinquantenni irlandesi, lui ha un elegante maglione colorato, occhiali di osso e wisky tridistallato elotte.

Apprendo che il georgiano è una lingua indoeuropea e che la Georgia occidentale ha i cognomi che finiscono in dze come Shevarnadze, l'ex capo di stato ed ex ministro degli esteri di Gorbaciov e il difensore del Milan Kaka Kaladze. Mi astengo prudentemente dal dire che anche il sig. Stalin era Georgiano (all'anagrafe: Ioseb Besarionis Dze Jughashvili, Stalin vuol dire uomo d'acciaio, Iron Man, mica male il soprannome di Baffone), dato che per quel che ne so, con questi 2 ragazzi potrei anche trovarmi davanti alla prossima elite politica del loro paese.

    Davanti al Beckett's c'è un grande incrocio ed un semaforo eterno. Vedi rosso e nessuna macchina, nn sai a che serva e quindi da dove verrà il pericolo, da quale lato sbucherà un'auto e a che velocità. "Suvvia, Alessandro" mi fanno i due, appena indugio un po'. "  italiani e georgiani attraversan per la strada anche col rosso..."

 Budapest è cosmopolita;  la settimana scorsa ho aiutato a scrivere una lettera all'ambasciata un cuoco del Bangladesh. Il cuoco ha vissuto 12 anni in Italia, è tornato a Dacca, poi da lì in Ungheria, dove gli avevano detto fosse più facile avere l'asilo politico. M. B. (il nome era lungo 2 o  3 righe all'incirca) dalla carta d'identità ha un anno più di me. Da come l'ho visto io poteva anche essere mio padre. Sabato mentre sono al supermercato mi squilla il cellulare. E' un suo amico, un indiano che ha un ostello, mi chiede come si scrive "i signori sono pregati di ladciare gli effetti personali negli appositi armadietti". 

 Budapest è cosmopolita; l'altra sera ero al Vittula, a leggere un libro di Remarque sugli expats e fumare un sigaro Toscano (i Garibaldi) della mia riserva personale. Quello accanto a me fa al barista: "Questo sarebbe un paese migliore se ci fossero in vendita sigari da 5 cent!". Una citazione di Roosvelt e un'allusione all'aroma (puzzo) del mio Toscano, che a un British non può non sembrare un sigaraccio. Scott è neozelandese (e ci posso parlar di rugby), è qui da 7 anni, quando gli chiede di che si occupa, mi risponde: "mi occupo di comedies.." (guardate un po' qua che personaggio).

La morale di questo post è:

se quando ero bambino, le barzellette iniziavano con: "Ci sono un italiano un francese, un inglese e un tedesco", ora le mie storie iniziano con: "Ci sono un italiano, un georgiano, un neozelandese e  un indiano.."


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Saturday, 5 May 2007 20:11 MEST
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Tuesday, 24 April 2007
Sara' una risata che vi seppellira'

"This is certainly that kind of masterpiece, and a new name should be created for such an all-frequiencies assault on the sensibilities"  (A. Grimaldi per bocca di K. Vonnegut)

 Sono alla fermata del filobusz n.70, all'angolo col körüt, con 4 libri sotto il braccio, appena presi dai generosi prestiti della biblioteca comunale Szabò Ervin. Noto più di uno sguardo compiaciuto ai miei libri e son sguardi di ragazze; d'ora in poi andrò sempre in giro con 4 libri sotto il braccio.

 Salgo sul 70 di buonumore dunque, ed apro il primo libro sottomano*, la saggezza è nei libri. L'introduzione al libro, dello stesso autore, inizia con: "This is a very great book by a genius". punto e capo. Fantastico. Mi esce una bella risata, breve ma intensa, che tutto il filobus senta. 

 Ma sul busz nessuno mi dà retta o alza lo sguardo. E' un segno di biasimo (In genere chi è sui mezzi è triste che va di fretta e va al lavoro, si appende agli appositi sostegni e guarda fisso davanti a se', nel vuoto.  Sui mezzi non si parla, e se proprio devi lo fai a bassa voce). Uno che parla a voce alta è straniero, o è uno zigano. Racconta Angelo che ogni tanto la moglie lo interrompeva mentre parlava:"Abbassa la voce, caro, non si fa così, nn sta bene, nn vedi che ci guardan tutti".

Alla fermata successiva, Iszabella utca, sale un tizio davanti a me.  La mia introduzione continua con: "I have worked so hard on this masterpiece for the past six years. I have groaned and banged my head on he radiators". Eccezionale. Davvero un genio. Come faccio a trattenermi..

Qui invece il tizio si gira, ha una faccia simpatica, gli occhietti brillano. Lui nn mi biasima e mi chiede chi è lo scrittore. (che i libri rimorchino anche i finocchi a Budapest?) Parla un po' di italiano, si chiama Tibor, ungherese, ma non proprio: aveva 18 anni quando nel '56, fuggì dal paese; Canada, Stati Uniti, aveva amici messicani e italiani. E' qui a Budapest per rivedere quelli che ora sono i lontani parenti, ora, e che vivono nel mio stesso distretto..

Io scendo qui.

 

*"Palm Sunday" di Kurt Vonnegut (scomparso da poco); una raccolta di qualche suo scritto non di narrativa, brani inediti,suoi editoriali sui giornali, e qualche parola di raccordo per l'occasione, nn proprio "Slaughterhouse- five", la sua opera più importante, insomma.


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Monday, 30 April 2007 13:38 MEST
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Wednesday, 18 April 2007
Il terzo gode

Ungheria, Croazia e Italia beffate. Polonia e Ucraina si aggiudicano l'organizzazione degli Europei di calcio 2012.

Incontro un collega pei corridoi: "Alessandro tra meno di un'ora annunciano l'assegnazione degli Europei di calcio del 2012, secondo te chi vincerà?". Mi stringo nelle spalle, i candidati son tre: l'Italia, Ungheria-Croazia, Polonia-Ucraina*. Ma, Gyuri, noi siamo pure campioni del mondo, ma tra scudetti revocati, intercettazioni, cordialità tra arbitri e dirigenti, forze di polizia morte per un calcio al pallone, un po' di credibilità l'abbiam persa.., dunque io, io credo che voi..

Il ragionamento ha un senso, è vero che anche il Ferencvaros, la squadra più titolata d'Ungheria, è in serie B quest'anno, perchè ha fatto bancarotta, e che il calcio ungherese è ai minimi storici, ma la storia del calcio magiaro e  la morte di Puskas a Dicembre direbbero Ungheria (e Croazia). Gyuri si gratta.  E poi il motivo vero è Platini', che è stato eletto da pochi mesi alla presidenza dell'Uefa grazie al voto compatto dei paesi dell'Est - è cosa nota - a cui ha promesso più visibilità.

Polonia e Ucraina neanche ci passano per la testa, sembra la candidatura più debole, con l'Ucraina in una difficile transizione economica e politica, quasi sull'orlo di una guerra civil. [sarebbe come dare in meno di vent'anni un'Olimpiade e due mondiali di calcio a uno stato pieno di problemi come il Messico]. E invece Platinì sale sul palco, apre una busta, e han vinto loro,  Polonia e Ucraina, esultanza sulle poltrone delle delegazioni, incredulità tra gli altri. La Melandri è in lacrime, Lippi impassibile, a freddo parliamo di farci bagno di umiltà, che nn fa mai male.

La delegazione ungherese l'ha presa male invece: "han vinto i cugini, han vinto i voti dei mafiosi", "E' la storia ungherese", fregati e imbrogliati dai popoli fratelli slavi come dice il dirigente polacco a caldo nel discorso di ringraziamento. Una promessa la fanno pero' i magiari, i progetti faraonici per ristrutturare gli impianti e le infrastrutture andranno avanti, comunque (ma io non li pago).

  Sarà bello allora vedere il nuovo stadio di Győr, che farà impallidire i più bei stadi di Europa, Wembley, o l'Amsterdam Arena, o Gelschenkirchen, progetto che appariva un annetto fa sull'utima pagina a colori del Nemzeti Sport..

O un nuovo Népliget, lo "stadio del popolo" di Budapest, dove gioca il Ferencvaros, in cui avevo visto un epico Ungheria-Italia under21; uno stadio dei bei tempi che mostrava tutti i suoi annetti. Quel giorno ho capito come possono morire 50 persone in uno stadio, se qualcosa non va per il verso giusto.

 E sarà bello anche veder rifatto lo stadio dell'MTK, ora seconda in classifica in campionato dopo un grande avvio.L'MTK è la squadra che inventò il 4-2-4, la squadra che segnò il primo gol in rovesciata delle coppe europee (7.9.55 MTK-Anderlecht 6-3), la squadra degli ebrei di Budapest e poi della polizia segreta comunista. Quello è lo stadio che vedo quando prendo il tram n.37 per andare al lavoro: un ingresso in muratura, le curve con i sedili in legno e le belle polroncine moderne bianche e blue della tribuna scoperta..

 

 * Dopo gli europei di Belgio-Olanda e i mondiali di SudKorea-Giappone, han scoperto che le candidature doppie di piccoli paesi son proprio belle, si offrono 8 stadi importanti e si ha il doppio degli appoggi politici


Posted by alessandro grimaldi at 00:01 MEST
Updated: Saturday, 21 April 2007 23:33 MEST
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