Di nuovo a Budapest o cari e appassionati lettori del blog, dopo un’estate di ozi sull’Adriatico.
Rivedo le vecchie strade, ascolto la gente che parla e ora capisco buona parte o almeno il senso del discorso, ho ripreso il lavoro.
E allora ricominci questo blog ormai pieno di ripartenze, un po’ come la vita (Vogliatemi bene: ho evitato di dire che la vita è come una scatola di cioccolatini…). E come ulteriore ripartenza vorrei citare un piccolo brano di Kapuscinski quello vero,
che questo brano guidi sempre i miei passi:
“Infischiandosene delle usanze coloniali, Malinowski piantò la tenda in mezzo a un villaggio e si stabilì tra la popolazione locale. Non fu un’esperienza facile: nel suo diario si trovano continui accenni a preoccupazioni, sentimenti negativi, crisi e depressioni.L’abbandono della propria cultura si paga a caro prezzo. Per questo è così importante avere un’identità precisa, e la certezza della sua forza, del suo valore e della sua maturità. Solo in questo caso l’uomo può confrontarsi senza paura con un’altra cultura. In caso contrario, si rintanerà nel suo nascondiglio, isolandosi dagli altri. Tanto più che l’altro è uno specchio nel quale ci riflettiamo – o che ci smaschera e ci denuda, cosa che tutti preferiremmo evitare.”